Mia Nacamulli, nel suo speech per TEDx afferma che essere bilingue potrebbe davvero voler dire che il cervello sia fatto in modo diverso. Afferma che l’abilità linguistica è divisa in due parti: abilità attiva (quindi parlare e scrivere) e abilità passiva (quindi ascoltare e leggere). Chiaramente un bilingue dalla nascita avrà acquisito queste competenze in maniera molto più omogenea che un adulto o adolescente che diventa bilingue e quindi avrà sviluppato maggiormente le abilità passive perché sono le più semplici. Anche quando impariamo l’inglese a scuola riusciamo a capire molto di più da ciò che ascoltiamo rispetto a quello che poi riusciamo a dire.

E ora un’altra domanda: in che lingua pensa un bilingue? Un bilingue possiede le abilità attive e passive in maniera quasi identica per entrambe le lingue, l’unica differenza potrebbe essere dovuta alla loro esperienza con una delle due lingue. Magari se hanno la mamma inglese e il papà spagnolo e i primi anni dell’infanzia hanno passato più tempo con la mamma che con il papà, può essere che non abbiano appreso le due lingue dando ad ognuna l’importanza del 50% esatto, ma abbiano sviluppato una preferenza per una piuttosto che per l’altra.

Ricapitolando quindi: il cervello dei bilingue è più plastico e questo può essere un vantaggio, ma non è sinonimo di maggior intelligenza. La maggior parte dei bilingue ha una preferenza per una delle due lingue e questa potrebbe corrispondere alla lingua che usano maggiormente. Infine, è possibile diventare bilingue da adulti (pensiamo a chi si trasferisce in un altro stato dopo l’università) anche se il grado di apprendimento e di plasticità non potrà mai essere come quello di chi lo diventa da bambino.

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